Monte Tullen: nel cuore nascosto delle Dolomiti di Eores
Il sentiero inizia nel bosco, tra abeti fitti ed una luce che filtra soffusa, in una mattinata coperta da nuvole. La salita è costante, il fondo irregolare, le radici affiorano come ostacoli silenziosi, e le pietre umide richiedono attenzione. Ci troviamo nel sottogruppo delle Odle di Eores, tra le cui cime frastagliate la più alta è quella del Monte Tullen. A mano a mano che si sale, il bosco si apre, gli alberi si diradano. Il paesaggio si apre anch’esso, ma si svela con discrezione. I ghiaioni delle nascoste Odle di Eores appaiono come minacciosi accumuli di roccia, scolpiti dal tempo e dal vento. Il silenzio ci circonda. Il respiro si fa più corto, le gambe più pesanti. È qui che inizia la vera escursione, quando il sentiero si stringe, si fa più esposto, le mani si aggrappano ad un cordino metallico che sostiene la salita nel tratto più difficile.

Raggiunta la quota dei verdi pendii erbosi che sovrastano il bosco, le Odle di Funes, con le loro guglie aguzze, sembrano emergere da un sogno verticale, con tutto il loro profilo che si dispiega orizzontalmente da ovest verso est. Ora si cammina in costa, con dei ripidi pendii che scendono sulla destra, ed il vento che comincia a farsi sentire. Saliamo ora nel tratto di percorso più affascinante, dove le pareti di chiara roccia dolomitica si ergono al di sopra dei pendii erbosi. Le chiare roccette accompagnano ora il sentiero, prima dell’arrivo del ghiaione. Una distesa di pietre che sussurrano sotto gli scarponi. Qui si sale con calma, cercando equilibrio più che velocità.

L’ultimo tratto è il più impegnativo. Si sale su un crinale esposto, con il sentiero che si assottiglia tra le rocce. La traccia del sentiero si fa più vaga, occorrono le mani per muoversi nei punti più delicati. Si sale tra rocce e tracce appena visibili, con la cima che sembra sempre un po’ più in là. Il cuore batte forte, ma non solo per la fatica: è l’adrenalina sottile di chi sa di essere in un luogo che non si concede facilmente. Il vuoto si apre ora a destra. Il vento trascina nuvole scure, soffia forte, aggiungendo così una nota di tensione. Ogni passo richiede calma e sicurezza. Non è un passaggio lungo, ma è quello che separa dal silenzio della vetta.

Poi, all’improvviso, il panorama si spalanca dalla cima del Monte Tullen (2655 m). A sinistra, il Sass de Putia si alza isolato, massiccio, come un guardiano delle Dolomiti. A destra, le Odle di Funes. Più in là, si intravedono le cime del Gruppo del Puez, e sullo sfondo, lontano ma nitido, il Gruppo di Fanes si staglia all’orizzonte.

A nord si distinguono le cime della Plose e più lontano, le Dolomiti di Sesto, poi ancora verso sud-est gli iconici profili dolomitici di Monte Pelmo e Civetta. In cima, vicino alla croce di vetta, le gambe tremano leggermente, ma non solo per la fatica. La tensione si scioglie, la mente si svuota. Il vento porta con sé il profumo ed il silenzio della roccia. Intorno, le Odle si alzano come pinnacoli appena al di sotto di noi. E lì in cima si crea qualcosa di irripetibile, perché in quel momento, in quel luogo, non c’è nulla da aggiungere.
